Formazione degli operatori di Caritas Ticino: incontro con Carlo Doveri sul ruolo dell’operatore sociale
Soci inaffidabili o partner

Di Carlo Doveri


Per questa sera mi è stato affidato il compito di parlarvi dell’operatore sociale, in particolare dell’operatore sociale che opera nei programmi occupazionali, ma credo che quello che sto per dirvi valga per chiunque operi nel campo cosiddetto “sociale”.
Cos’è, o meglio, chi è un operatore sociale?
Se penso in particolare a voi, in quanto operatori di un settore della Caritas che si rivolge a degli adulti disoccupati, mi immagino tutto il dibattito, nella vostra équipe, sul perché siete lì e quale è il vostro compito: educare? curare? sorvegliare? adattare? comprendere?
L’operare dell’operatore sociale è sovente confrontato con l’inoperosità di soggetti che non sanno, non sanno più, non ne vogliono sapere di operare. Anticipo che quando dico operare non mi riferisco unicamente al lavoro inteso come professione.
C’è anche un altro tema che è sollevato dall’espressione “operatore sociale”, il tema del “sociale” e della società.
Giusto 10 anni fa, quando abbiamo celebrato il 50° della Caritas con un convegno, ricordo che il titolo di una conferenza era: “La società ha bisogno dei soci”. La società per azioni così come la società intesa in quanto convivenza civile.
Proprio su questo tema notiamo sovente che i nostri utenti sono fragili, non sono dei buoni “soci”. E questo è un altro dei problemi coi quali noi ci confrontiamo. Chi è colui al quale dovremmo prestare un aiuto “sociale”?
E’ qualcuno col quale difficilmente, in modo spontaneo, inizieremmo un’impresa d’affari, una società per azioni, perché fatica sia sul piano dell’operare sia sul piano delle competenze sociali. Avete parlato, credo non a caso, nei precedenti incontri di formazione, di tossicodipendenza, di alcolismo, di disturbi psichici che immagino siano ricorrenti nella vostra utenza. Sono problemi che incontrate tutti i giorni, che rientrano nell’ordine della difficoltà e dell’inaffidabilità.


Il lavoro

Passiamo alla questione centrale per voi in quanto operatori di un servizio che si occupa prevalentemente di persone disoccupate o non più occupate o non occupabili; la questione del lavoro, di cos’è il lavoro.
La questione è la stessa, si pone negli stessi termini, sia per l’operatore sia per il cosiddetto utente.
Forse una difficoltà del nostro essere operatori sociali è proprio quella di risolvere, in qualche modo, la nostra questione riguardo al lavoro, per poter risolvere e promuovere, incrementare anche il lavoro dei nostri utenti.
Quando parliamo di lavoro ci viene subito alla mente quello che si svolge tra le 8 e le 18 per una durata media di 8 o 9 ore al giorno. Lavoro uguale a mestiere, professione.
Ma il lavoro per essere tale e per essere soddisfacente ha almeno altre due dimensioni, il lavoro del pensiero ed il lavoro per i rapporti. Allora la durata del lavoro è di 24 ore (sonno compreso: sappiamo che chi non dorme bene, normalmente non sta bene) ed il lavoro delle 8 ore ne è solo una parte.
Questa è un dato di realtà che dobbiamo riconoscere sia in noi sia nei nostri utenti. Sovente notiamo che il problema, la complicazione, non è derivante dalla difficoltà del compito lavorativo, ma il problema è che non c’è il pensiero, che non c’è la relazione per svolgere questo compito.
Capiamo anche un’altra cosa forse. Che non è il lavoro delle 8 ore che produce la ricchezza. Possiamo dare al termine ricchezza, non solo un significato monetario (per quanto esso sia importante) ma anche un significato in termini di soddisfazione del pensiero e nei rapporti.
La ricchezza è prodotta dal lavoro delle 24 ore. E non è secondario il fatto che se uno sta bene nelle 24 ore anche nelle 8 ore sta bene e quindi il lavoro è un lavoro produttivo, sia di ricchezza materiale, sia di soddisfazione. Questa è l’inquadratura, il contesto nel quale una riflessione sul lavoro, su chi non ha lavoro, su che cosa fare per risolvere il problema, deve partire. Tocca il soggetto operatore tanto quanto il soggetto utente. Il problema è lo stesso.
Tenendo presenti queste dimensioni, è interessante costatare che il lavoro che proponete ai vostri utenti non sia in qualche modo fittizio, ma sia una vera proposta di lavoro aziendale che mira ad una reale ricerca del profitto. Il profitto però va letto alla luce della riflessione che abbiamo appena svolto e quindi il guadagno materiale deve essere accompagnato da incremento della capacità di rapporto e dalla capacità di pensiero in quanto capacità di pensare la propria soddisfazione.
In questo compito non ci aiuta la nostra civiltà, che sembra essere costruita attorno a concetti e pensieri diametralmente opposti.
Uno di questi, che ha trovato il suo teorico qualche secolo fa, è che noi tutti viviamo una situazione di penuria costante. Penuria di risorse, il che significa che non ce n’è per tutti e che i rapporti sono rapporti di lotta per la sopravvivenza. Allora la ricchezza, se le cose stanno così, è un traguardo per pochi.
Ma la penuria di risorse è anche teorizzata per quanto riguarda la persona, il singolo.
Che l’uomo sia considerato come un essere mancante di qualcosa è storia vecchia, ma la recente teorizzazione psicologica ne ha fatto una verità “scientifica”.
Constatiamo che l’uomo, in particolare il bambino, soprattutto nei primi anni sa bene che il suo lavoro è di invitare l’altro a collaborare con lui per il raggiungimento della sua propria soddisfazione. Al bambino è chiaro che il rapporto con l’altro è mezzo per la soddisfazione e per questo lavora ed opera. Il suo pensiero in questo senso è attivo e ben operante ed opera per una meta di soddisfazione che include l’altro come partner.
In ciò non c’è nulla di mancante, c’è solo da preservare questa capacità di pensiero e di lavoro.
Cosa c’entra tutto questo con l’operatore sociale che la mattina si trova a smontare apparecchi elettrici piuttosto che a far aprire balle di stracci nei programmi occupazionali? Cosa c’entra quello che ci siamo detti con il lavoro delle otto ore e soprattutto con il lavoro delle otto ore dell’operatore sociale.
Qual è il posto dell’operatore sociale? E’ quello del soggetto che sa che cosa è la sua soddisfazione e che quindi sa fare il lavoro di sollecitare l’altro, come partner, nel concorrere alla propria di soddisfazione.